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OdG. Documento di approfondimento. L’istruzione vittima della pandemia

Pubblicato in OdG CPN

La pandemia da Covid-19 ha comportato, a causa della quarantena, lunghi periodi caratterizzati dall’insegnamento a distanza sia nelle scuole che nelle università. La didattica a distanza, come denunciato da movimenti, sindacati, lavoratori e lavoratrici della scuola, genitori, studenti e studentesse ha minato notevolmente la possibilità di accedere all’istruzione, diritto garantito dall’art. 34 della Costituzione e peggiorato sensibilmente il contesto lavorativo per insegnanti e personale scolastico.
Le famiglie povere e prive di mezzi si sono trovate da un giorno all’altro costrette a far fronte alle ingenti spese per mantenere i figli a casa, a cui il buono del governo per l’assistenza famigliare, di breve durata, a ben poco è servito. A tutt’oggi la rete internet non copre l’intero territorio nazionale e le apparecchiature necessarie, nonostante alcuni casi sporadici di incentivi, comportano investimenti che molte famiglie non possono permettersi. La diretta conseguenza è stata un incremento dell’abbandono scolastico causato dalla pandemia.

Neanche chi ha usufruito della didattica a distanza può dire di aver ricevuto un’adeguata istruzione, è assai difficile seguire per più di tre ore filate le lezioni, spesso con pause non rispettate per riposare la vista e con notevoli difficoltà per materie che necessiterebbero dell’ausilio di laboratori o particolari attrezzature. Sono notevoli i casi di aumento di malattie psicofisiche, oltre al già citato peggioramento della vista, si è registrato un incremento sensibile di patologie psichiatriche quali la depressione, dovuta al grande tempo passato in isolamento rispetto ai propri coetanei, con il conseguente impatto negativo sugli studi. A ciò si aggiungano i problemi tipici del nostro ordinamento scolastico e della sua tendenza a valutazioni legate più alla quantità dei compiti e alla esecuzione celere di programmi sempre più difficili da rispettare, piuttosto che alla qualità della didattica e delle valutazioni stesse nei confronti degli alunni. In ultimo si pensi alla questione delle “classi pollaio” lungi dall’essere risolta, in tal senso occorre rilanciare la battaglia per l’aumento delle assunzioni anche in un’ottica di riduzione del numero degli alunni per classe, al fine di rendere più agevole sia l’insegnamento sia l’apprendimento.

Anche sul fronte universitario, sono stati due anni di grande impatto per la vita di studenti e studentesse: per la mancanza delle lezioni in presenza, la chiusura delle biblioteche e la bassa capienza delle aule studio, nonché la negazione di momenti di condivisione e dibattito che dovrebbero essere fondamentali per enti preposti alla ricerca e non solo allo studio. Non è questo un sistema universitario degno di questo nome: con la riduzione dei servizi senza una consequenziale riduzione delle tasse universitarie. I giovani hanno fatto la loro parte per garantire – per quanto possibile – la sicurezza collettiva, mentre non è stata garantita nemmeno la legittima fruizione delle residenze universitarie. Inoltre denunciamo la follia di voler continuare, nonostante la pandemia, a voler limitare l’accesso dei giovani alle facoltà universitarie mediche e sanitarie: in questi mesi più che mai si è dimostrato come l’Italia soffra di una penuria di medici grave, a partire dai medici di famiglia, prima linea di prevenzione nel nostro sistema sanitario nazionale.

C’è il rischio che vengano meno storiche lotte e rivendicazioni dei sindacati studenteschi come il diritto a rette accessibili per tutte e tutti, ad alloggi per gli Studenti e studentesse, a mezzi di trasporto agevoli che, con la scusa della situazione pandemica, vengono messe in secondo piano con la scusa che non sono emergenze immediate e che sia possibile aspettare, con l’usatissima formula del:“tanto siamo a distanza”. Tale degenerazione, che ha visto privilegiare il completamento frettoloso dei programmi di scuole e università piuttosto che l’apprendimento effettivo e la discussione delle materie da parte degli studenti, ha aumentato quella tendenza a ridurre il sistema didattico nazionale a mero “esamificio”.
Le città universitarie si sono scoperte svuotate fisicamente e intellettualmente proprio di quella risorsa bistrattata da decenni: la comunità accademica; le studentesse e gli studenti, l’indotto dei lavoratori e delle lavoratrici della conoscenza, dei dottorandi e dei ricercatori, ma anche dei laboratori, delle portinerie, delle segreterie e dei servizi di pulizia e di manutenzione. Ingranaggi dimenticati di un sistema che non ha ancora saputo ripartire ma nemmeno tutelare chi ha pagato e sta pagando maggiormente gli effetti di una crisi dalle ripercussioni gravissime.

A ciò si aggiunga la situazione generale del personale scolastico, costretto dal blocco del turn over in una eterna precarietà e dal largo uso dei/delle lavoratori/trici in appalto per i servizi scolastici, con contratti che non sono in grado di garantire remunerazione, diritti e tutele pari allo stesso livello d’inquadramento a quelle del pubblico impiego.
Alle già note forme di precarietà, si sono aggiunte difficoltà di tenuta sia economica che psicologica per molti e molte. Sotto la pressione di tempi di vita mutati, spazi condivisi forzatamente, mancanza di sfogo, di attività fisica e mentale, in troppi casi costretti con soggettività violente, problematiche e in situazioni che hanno esacerbato ogni forma di disagio e la fatica di sempre più famiglie a pagare gli affitti, le vite di tutti e tutte noi hanno subito una battuta di arresto che difficilmente sarà risanabile senza un intervento istituzionale: la situazione è lungi dal dirsi risolta.
Il Governo Draghi ha dato libero sfogo a aperture arbitrarie di scuole e università nonché di luoghi di aggregazione senza prima aver garantito una sufficiente copertura vaccinale, nonostante le scuole non venissero messe in sicurezza durante i mesi di chiusura, non vi fossero investimenti nei trasporti scolastici o nei trasporti pubblici. Un Governo che ha dato massima priorità nel Recovery Plan alle spese militari e non alla scuola o alla sanità, come dimostrato dalla proposta finale del PNRR, il quale a fronte di una sanità al collasso e di un sistema scolastico e universitario precario ritiene necessario dare ulteriori fondi ad un settore che già riceve ogni anno circa 27 miliardi di euro per acquistare bombe, armi, mezzi per far la guerra per uno Stato che, almeno in Costituzione, si impegna a risolvere le controversie internazionali con mezzi pacifici.In tal modo il Partito ritiene di focalizzare la propria azione politica sui seguenti punti:
-Aumento delle risorse per il sistema di istruzione di almeno un punto di PIL nell’immediato.

  • Sblocco immediato delle assunzioni dei precari della scuola, con almeno tre anni di servizio, per tutti i ruoli, dal personale ATA a quello docente, internalizzazione degli educatori e dei servizi in appalto ed in subordine la medesima dignità e diritti per i lavoratori e le lavoratrici in appalto rispetto a quelli pubblici;
  • Massima priorità alle vaccinazioni del personale scolastico, predisposizione di adeguate forme di tracciamento e prevenzione davanti alle scuole, garantendo DPI uniformi per tutti/e gli studenti/esse e dotazioni adeguate di tamponi;
  • Abolizione dei test INVALSI, spreco di denaro pubblico e invasivi della valutazione che deve essere esclusivamente di competenza dei/delle docenti;
  • Abolizione del numero chiuso nelle facoltà di Medicina e Scienze Infermieristiche e Ostetriche ed il contemporaneo aumento delle borse di studio e di ricerca;
  • Drastica riduzione delle rette universitarie dato che la retta corrisponde ad una serie di servizi garantiti (posti a sedere e aule, strutture in cui studiare e lavorare ecc…) che in questa situazione non sono elargiti;
  • Accordo quadro tra MIUR, Università e principali operatori telefonici nazionali per l’estensione su tutto il territorio nazionale di buoni per la rete internet per i plessi scolastici e universitari;
  • Investimenti adeguati nell’edilizia scolastica, oggi più che mai, in un’ottica di garanzia del distanziamento tra gli alunni, che non devono comunque superare il numero di 18 per classe, è necessario il ripristino delle strutture inagibili e l’edificazione di nuove aule dove se ne ravvisi la necessità;
  • Revisione delle indicazioni nazionali del MIUR per tutte le scuole di ogni ordine e grado, evitando un carico di lavoro eccessivo fuori dall’orario scolastico sia per il personale docente che per gli studenti nonché al fine di evitare l’apertura delle scuole durante il periodo estivo;
  • Reintroduzione della “medicina scolastica” negli istituti di istruzione pubblica di ogni ordine e grado da parte delle Regioni in attuazione di quanto disposto dall’art. 28 c. 3 lett. e della legge n. 833/1978 istitutiva dell’SSN, prevedendo la collaborazione tra enti scolastici e AUSL per l’educazione alla salute nelle scuole e controlli periodici volti alla prevenzione di malattie infettive e non. A ciò si includa anche un potenziamento della psicologia scolastica, prevedendo un ampliamento degli psicologi nelle scuole per affrontare e prevenire l’insorgere di disturbi dovuti allo stato di quarantena.

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