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Tesi 18 – Per uno spirito sociale

Pubblicato in Tesi

  1. Siamo chiamati a un passaggio di trasformazione reale di noi stessi. La nostra debolezza soggettiva – come partito e come movimento per l’alternativa – e le discontinuità determinate dalla tendenza disumana del capitalismo neoliberista, ci chiedono una capacità di ripensare il nostro progetto e la nostra funzione per uscire da una fase difensiva troppo lunga. Si tratta di intrecciare compiti diversi, perché l’aggregazione del soggetto dell’alternativa e il rilancio del Partito della Rifondazione Comunista sono facce diverse di un unico processo politico, tra loro non separabili.
    Conseguentemente, i nostri compiti di fase si possono così riassumere: da un lato la costruzione di una critica di massa al capitalismo e la proposizione del Socialismo del XXI secolo. Dall’altro, l’aggregazione di blocco sociale antiliberista, a partire dalla ripresa di una politica di classe nel nostro Paese, dove oggi non c’è più sinistra nelle istituzioni e ormai anche nell’immaginario mentre le classi lavoratrici e popolari sono prive di rappresentanza. Dobbiamo sempre più essere il partito dell’unità delle e degli sfruttate/i, delle classi popolari, di chi sta in basso e subisce le conseguenze delle politiche neoliberiste, per superare la guerra tra poveri, favorire percorsi collettivi di soggettivazione, aprire dialogo e unificazione tra i soggetti che subiscono e contestano la ferocia capitalistica.
    Su questa base dobbiamo quindi ridefinire il nostro progetto, innovare la nostra forma organizzativa e lo stesso modo di essere del nostro partito, mettendo al centro l’esigenza della trasformazione sociale, il nostro essere un partito sociale.
  2. Il partito sociale non è una delle articolazioni della Rifondazione Comunista, ma in ogni epoca costituisce l’essenza di un partito che voglia essere espressione e organizzazione delle classi subalterne. È la ri-soggettivazione del nostro percorso storico, che pone il “far da sè solidaristico” come principio e su tali basi, opera per sviluppare il conflitto sociale e la lotta di classe. La sfida sta nell’essere capaci di articolare le pratiche sociali e di mutualità solidaristica in risposta ai bisogni effettivi, accompagnando tali pratiche con la lotta e la concreta resistenza popolare. E questo occorre farlo soprattutto intrecciando le lotte nel mondo del lavoro con gli ambiti di vita quotidiana, al fine di sviluppare relazioni sociali cooperative e contesti di solidarietà.
    Questo lavoro deve essere sviluppato a vari livelli:
    In primo luogo dobbiamo far perno sulle grandi potenzialità dell’essere in comune, sul mutuo aiuto, sui sentimenti di solidarietà, di condivisione, convergenza e cooperazione sociale, promuovendo luoghi di relazione reciproca e circolare, di supporto alle lotte, di sostegno reale alle situazioni di difficoltà delle persone, di riorganizzazione delle lavoratrici e dei lavoratori nei luoghi della produzione e della circolazione delle merci. In sostanza: costruendo embrioni di “contropotere”. In questo quadro dobbiamo costruire una “confederazione politica dell’iniziativa sociale di prossimità” che aiuti a rompere, nell’immediato, la frammentazione e l’isolamento che contraddistinguono il mondo contemporaneo e che cominci a far argine vero, nella società contro l’individualismo e la solitudine. La solidarietà non è solo una idea-forza delle pratiche mutualistiche e dell’auto-organizzazione, ma è l’arma fondamentale contro la disumanità.
    Essere solidali, quindi, tra eguali e diversi, in alternativa alla guerra tra poveri e al razzismo e al darwinismo sociale. In armonia con la nostra Terra e nel rispetto della natura.
    In secondo luogo, si tratta di contribuire a costruire dal basso una vera e propria Confederalità sociale, in cui i momenti di solidarietà e le pratiche vertenziali sui diversi aspetti della condizione popolare possano entrare in relazione e rafforzarsi a vicenda. In altre tesi abbiamo sviluppato gli obiettivi del nostro lavoro politico sul terreno sindacale e più in generale su quello della ricomposizione di classe. Dobbiamo fare questo con un obiettivo politico generale di ricomposizione dal basso della società e delle pratiche popolari, solidali e conflittuali.
    La costruzione di una confederalità sociale non implica solo l’individuazione di obiettivi comuni. Si tratta di costruire un orizzonte di cambiamento che, superando il senso di impotenza individuale, costruisca un nuovo “noi”, nuove forme di aggregazione che permettano l’identificazione dei proletari tra loro. E’ il tema della costruzione di una nuova coscienza di classe, che sia in grado di declinare nei termini odierni un senso di appartenenza popolare che diventi orgoglio e prassi di solidarietà e conflitto. La confederalità sociale non è solo la sommatoria di obiettivi rivendicativi economici, ma piuttosto la scoperta della forza che può dare la messa in comune delle pratiche e il superamento della guerra tra i poveri. In questo quadro, è decisivo il terreno della proposta programmatica che deve essere identificante. Ma parimenti decisiva è la costruzione di un immaginario e di un linguaggio che esca dalla replica del linguaggio manipolatorio dei media e permetta il dialogo e il riconoscimento reciproco tra i diversi settori popolari.
    La pratica della cooperazione, contrapposta alla pratica della concorrenza e della sopraffazione, è un punto decisivo della costruzione di questo immaginario e di questa nuova antropologia comunista.
    La costruzione di un blocco sociale dell’alternativa è fatto di pratiche solidali, di lotte, di acquisizione di saperi sociali. Fondamentale a questo riguardo, è la valorizzazione e la messa in rete in rapporto con i movimenti sociali e le pratiche di autorganizzazione di quel tessuto di intellettualità diffusa – sottoposta essa stessa ad un generale processo di sfruttamento – che caratterizza il nostro Paese. Oggi in Italia, la crescita culturale delle giovani generazioni viene snobbata e disprezzata. Al contrario, noi dobbiamo far leva su questa “eccedenza” di saperi sociali, per valorizzarli nella costruzione di un percorso di trasformazione sociale in cui gli strati popolari possano organizzarsi, lottare, emanciparsi.
    Il tema dell’organizzazione degli intellettuali, nella piena valorizzazione della loro autonomia in relazione con i movimenti di massa, è uno dei grandi compiti su cui dobbiamo lavorare come partito.
    La rottura dell’isolamento individuale, la costruzione di pratiche di solidarietà, mutualismo, di conflitti sociali, la tessitura di una confederalità tra queste diverse pratiche sociali, la costruzione di un linguaggio e di una visione del mondo che motivi l’utilità di questo percorso, è il nostro compito di fase.
    Un compito che va ben al di là delle nostre forze, ma che proprio nella chiarezza della sua individuazione può contribuire non poco alla aggregazione di forze nuove. Non siamo oggi un partito di massa. Vorremmo diventare un partito profondamente radicato nel tessuto sociale, capace di costruire tessitura sociale, unità di classe, prospettive di cambiamento radicali e di massa.
    Nel contesto di un ripensamento delle forme della nostra strutturazione di base, rilanciare con forza lo sforzo per il radicamento del partito sui luoghi di lavoro e per il rilancio del nostro intervento politico sul lavoro. Si tratta di potenziare un intervento politico, al di là delle diverse appartenenze sindacali in cui il Partito svolga un ruolo di unificazione, anche su questo terreno.
    Il radicamento e l’intervento sociale sono inseparabili dal rilancio dell’inchiesta “operaia” (della conoscenza del complesso delle condizioni di vita a e di lavoro degli strati popolari) intesa come pratica quotidiana, come modo di essere del partito.
    A tal fine, è decisiva la formazione di un nuovo di tipo di militante comunista, capace di agire nel concreto dei movimenti sociali culturali e politici, al fine di unificare i soggetti dell’alternativa, smascherando parimenti l’ideologia dominante e la sua funzione divisiva.
    Un militante comunista che, a partire della propria situazione concreta, sia in grado di padroneggiare e proporre l’orizzonte complessivo della trasformazione sociale.
    Un partito sociale non può che essere un partito rossoverde, un partito di attiviste e attivisti ambientaliste/i che sia capace di prefigurare trasformazioni del modello di sviluppo, promuovere vertenze in difesa dell’ambiente e dei beni comuni, con alternative concrete, che sia punto di riferimento per il popolo inquinato e per una ricostruzione ecologica della società, che lotta per città vivibili e la tutela del paesaggio e degli ecosistemi.
  3. Sviluppare questo nostro progetto di partito sociale significa anche uscire da ogni contrapposizione tra sociale e politico. È ovvio che l’agire politico e vertenziale richiede continuamente sbocchi normativi e istituzionali che devono far parte a pieno titolo della nostra azione. La stessa azione sul terreno politico-elettorale acquisterà forza se camminerà sulle gambe del radicamento sociale. Le pratiche mutualiste, cooperative, politiche e sociali non sono per noi di per sé neutre o passive, ma devono sapersi intrecciare con la nostra proposta politica, così come con la costruzione di programmi avanzati di governo di alternativa e autonomi dai poli liberisti. Di fronte alla drammatica crisi della partecipazione democratica con lo svuotamento autoritario delle istituzioni liberali, la nostra azione deve riportare al protagonismo e alla conquista della rappresentanza politica, i tanti frammenti e saperi dispersi nella società. Abbiamo bisogno di mettere in campo una strategia del cambiamento, attraversare in campo aperto la contraddizione capitale/vita. Agire sul piano dell’autorganizzazione delle resistenze e sul piano della autorganizzazione della solidarietà orizzontale significa, in effetti, praticare l’anticapitalismo e dar vita ad elementi parziali di contropotere. Significa dare forma a un embrione di “Paese nel Paese”, con un “fare società” alternativo al senso comune dominante, che impatti per davvero i luoghi reali, puntando a farli vivere come luoghi di convivialità, di resistenze e di pratiche solidali. La resistenza promuove la lotta di classe e rivendica specifici obiettivi verso l’alto; la pratica del mutuo aiuto agisce come cooperazione orizzontale tra eguali. La comunità diventa, così, un luogo di sperimentazione rivoluzionaria che si connette e viene qualificata dall’azione di lotta; e l’approccio intersezionale delle/dei comuniste/i diviene funzionale alla costruzione di nuove soggettività.
  4. Uno dei settori di attività, ricerca, valorizzazione delle competenze presenti, su cui il Partito deve investire di più e in maniera più strategica è quello della comunicazione. In un contesto di pensiero dominante in cui i partiti neoliberisti impongono una propria immagine fondata sulla personalizzazione di organizzazioni inesistenti nei territori e in cui la proprietà dei mezzi di informazione è detenuta da pochi gruppi privati, Rifondazione Comunista deve proseguire un percorso già iniziato di potenziamento dei propri canali comunicativi, ponendosi obiettivi ambiziosi. Negli ultimi anni stiamo riuscendo ad affermare caratteristiche peculiari nell’uso dei social media e nell’immagine che del partito diamo all’esterno. È un lavoro che va implementato a livello nazionale e sui territori parallelamente alla digitalizzazione del partito. Occorre anche concretizzare, nonostante le scarse risorse economiche, il progetto di un nostro quotidiano almeno on line dopo aver consolidato la rivista Su La Testa. Uno strumento – da mettere a disposizione del complesso dell’area della sinistra anticapitalista – che si ponga l’obiettivo di non rispettare la gerarchia delle notizie comune a quasi tutto il panorama mediatico ma di ribaltarla per dare priorità a temi spesso elusi o affrontati con l’ottica e l’immaginario della classe dominante. Dobbiamo dotarci di una strategia di lungo respiro per recuperare la capacità di rompere il conformismo dilagante. Social, sito, comunicati stampa, podcast, brevi video, tanti sono gli strumenti da utilizzare per far sentire voci che oggi non hanno diritto a farsi sentire se non nei brevi momenti dedicati alla mera vittimizzazione. Mai come adesso comunicazione è potere ed in tal senso, con un approccio che privilegi il pluralismo antiliberista, la radicalità non settaria, la volontà di mettere in dubbio le verità delle classi dominanti, potremmo, soprattutto grazie al contributo delle nuove generazioni, proporci come soggetto le cui parole riacquistino ascolto, interesse, utilità sociale e vengano percepite come socialmente e politicamente alternative. Fare comunicazione per ricostruire la nostra parte.
  5. L’accentuazione che poniamo sul tema del partito sociale non sminuisce i compiti politici di un partito comunista. I programmi e le pratiche sociali scaturiscono dalla elaborazione dei contenuti più avanzati e delle esperienze più significative, rappresentano la risposta alle contraddizioni prodotte dal liberismo, indicano obiettivi raggiungibili e unificanti per un ampio blocco sociale e al tempo stesso la necessità di una svolta eco-socialista all’altezza dei nostri tempi: la riconversione ecologica e pacifista delle produzioni, il primato del ruolo pubblico e della partecipazione popolare, la tutela dei beni comuni e del territorio, i diritti sociali e del lavoro, la lotta contro il patriarcato e qualsiasi discriminazione, il ripudio della guerra. In particolare la questione migranti, ma anche quella della emigrazione, va intrecciata sempre più con la lotta per i diritti sociali e del lavoro contro qualsiasi forma di razzismo, discriminazione e di guerra tra poveri. Dalla costruzione sui territori di esperienze municipaliste avanzate, come quelle già nella Rete delle Città in Comune, al rapporto con tutte le energie intellettuali critiche, dalla relazione con le organizzazioni sociali democratiche e l’associazionismo all’internità ai movimenti, dalla prefigurazione di un progetto di Paese diverso alla costruzione di una proposta politica per un’uscita dalla crisi che attraversa il nostro Paese.
    Perché come diceva Marx nel Manifesto del partito comunista, “I comunisti – e le comuniste – si distinguono dai restanti partiti proletari solo perché da un lato, nelle diverse lotte nazionali dei proletari, essi pongono in evidenza e affermano gli interessi comuni di tutto il proletariato, indipendentemente dalla nazionalità; dall’altra perché essi esprimono sempre l’interesse complessivo del movimento nelle diverse fasi in cui si sviluppa la lotta fra proletariato e borghesia. I comunisti – e le comuniste – sono pertanto nella pratica la parte più decisa e più avanzata dei partiti operai di ogni Paese, e dal punto di vista teorico essi sono anticipatamente consapevoli delle condizioni, del corso e dei risultati complessivi del movimento proletario”.

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